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  • Energy Research

  • Authors: Lunghi C; Bovone L;

    La situazione generalizzata di crisi economica e finanziaria che dal 2008 ha scosso buona parte dei Paesi industrializzati ha prodotto effetti significativi sulla vita quotidiana degli italiani. In particolare, in linea con le strategie di fronteggiamento della crisi storicamente proprie di situazioni economiche fragili, negli ultimi anni sono cresciute le esperienze di disintermediazione della filiera (come, ad esempio, i GAS), di sharing (condivisione), di swapping (scambio/baratto) e di autoproduzione (DoitYourself). Tali pratiche, oggi come in passato, appaiono particolarmente diffuse nel campo dell'abbigliamento, del cibo e dell'arredamento, ovvero nei settori tipici della cultura materiale quotidiana, ma, diversamente dal passato, sono connotate da un'esplicita assunzione di responsabilità soggettiva nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. In altre parole, disintermediazione della filiera, sharing, swapping e autoproduzione sembrano non tendere semplicemente al raggiungimento e/o al mantenimento di livelli di vita e di benessere adeguati ma a promuovere nuove forme di consumi, di organizzazione del lavoro e di partecipazione civile. In tale contesto, l'unità di ricerca di Milano-Università Cattolica del Sacro Cuore ha indagato le strategie quotidiane con cui individui e gruppi perseguono livelli soddisfacenti di benessere e di qualità della vita. A tale scopo ha individuato alcune pratiche di disintermediazione della filiera, di autoproduzione, di sharing/condivisione e di swapping/scambio con gradi diversi di strutturazione interna, includendo un ampio ventaglio di pratiche, dalle più informali a quelle maggiormente strutturate, assimilabili a industrie culturali in senso stretto. Accanto a questi studi di caso, l'Unità di Milano Cattolica ha ricostruito, avvalendosi dell'expertise di un’equipe di storici, le diverse pratiche di reazione alla crisi in due momenti rilevanti della storia contemporanea italiana: il primo relativo agli anni '30 e il secondo riguardante gli anni ‘70. Il primo caso di studio, dedicato agli anni successivi alla crisi del 1929, ha preso in esame sia le esperienze collettive (le cooperative, gli spacci aziendali etc.) sia quelle individuali (le nuove forme di economia domestica, il lavoro femminile etc.). Per quanto riguarda gli anni '70, sono state analizzate, con particolare riguardo per la popolazione giovanile, la genesi di forme di lavoro cosiddetto «precario» e, parallelamente, sono state ricostruiti la diffusione di stili di consumo peculiari (come gli acquisti di merce di seconda mano o il riciclo), di mezzi di trasporto alternativi (ad esempio le biciclette e l'autostop) e di forme di transazioni economiche non monetarie (come il baratto). Infine, grazie al contributo di un’equipe di politoli, il volume riflette sulle modalità con cui la crisi economica si è intrecciata e ha interagito con l’avvento del “capitalismo delle piattaforme” e con nuove modalità di creazione del valore. In connessione con questa trasformazione ha preso consistenza una riflessione (nella teoria politica, nella sociologia del diritto, ecc.) che pone al centro la dimensione del comune, intesa come dimensione differenti e irriducibile tanto al “privato” quanto al “pubblico”.

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  • image/svg+xml Jakob Voss, based on art designer at PLoS, modified by Wikipedia users Nina and Beao Closed Access logo, derived from PLoS Open Access logo. This version with transparent background. http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Closed_Access_logo_transparent.svg Jakob Voss, based on art designer at PLoS, modified by Wikipedia users Nina and Beao
    Authors: Lunghi C; Bovone L;

    La situazione generalizzata di recessione economica e finanziaria, che dal 2008 ha scosso buona parte delle nazioni industrializzate, ha prodotto effetti significativi sulla vita quotidiana degli Italiani. In particolare, nel nostro paese sono cresciute, in quanto efficaci strategie di fronteggiamento della crisi, esperienze di disintermediazione della filiera (come, per esempio, i gruppi d’acquisto solidale, i mercati agricoli, gli affitti peer-to-peer, ecc.), di sharing (sotto forma di condivisione di mezzi di trasporti, di vacanze, di turismo esperienziale, ecc.) e di autoproduzione di oggetti, alimenti, vestiti, ecc. Tali pratiche, in realtà molto diffuse anche in passato in momenti di forti regressioni come per esempio negli anni Trenta o dopo lo shock petrolifero del 1973, appaiono oggi connotate da una maggiore consapevolezza. In altre parole, la disintermediazione della filiera, la condivisione e l’autoproduzione tendono non solo a mantenere livelli di vita e di benessere adeguati ma promuovono nuove forme di consumi, di organizzazione del lavoro e di partecipazione civile. La ricerca presentata in questo volume, frutto di un’indagine qualitativa condotta da un’equipe di sociologi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha esplorato le strategie quotidiane con cui individui e gruppi perseguono livelli soddisfacenti di benessere e di qualità della vita, coniugando pratiche “antiche” con i nuovi strumenti digitali e tecnologici. Tali pratiche sembrano, inoltre, prefigurare un futuro diverso, orientato a un uso più consapevole e sostenibile delle risorse, dei capitali umani, degli spazi, creando e diffondendo nuovi valori e inedite forme di partecipazione civile.

    image/svg+xml Jakob Voss, based on art designer at PLoS, modified by Wikipedia users Nina and Beao Closed Access logo, derived from PLoS Open Access logo. This version with transparent background. http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Closed_Access_logo_transparent.svg Jakob Voss, based on art designer at PLoS, modified by Wikipedia users Nina and Beao PubliCattarrow_drop_down
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  • Authors: Bovone, Laura; Mora, Emanuela;

    This volume stems from the second edition of the international conference Fashion Tales, organized by ModaCult, a study center of the Catholic University of Milan, in June 2015. Back then, the focus on sustainability and the consolidation of the digital turn forced to think about the future of fashion in a new way, as an expression of a new responsible acting where the interests of consumers, producers and fashion communicators can converge. But what about today? What are the scenarios for the future of fashion? The question is even more relevant when we consider that in the meantime we have also gone through the pandemic years that have accelerated processes and perhaps even changed the expectations of many social actors. This volume allows us to reason about what has stabilized in the complex world revolving around fashion, about those changes that in 2015 appeared as frontiers still largely to be explored. Like a still image, the texts collected in this volume offer us the opportunity to take a tentative stock of fashion in the first two decades of the 21st century. Ten essays, organized around three areas, Identity, Media and Communication, and Technology and Sustainability, offering ten perspectives on objects and themes that were changing the fashion imaginary in 2015. Subjects rooted in territories until recently absent from journalistic narratives and brand collections, communication models and unprecedented possibilities of interweaving physical and virtual, images and texts: all of this was expanding the space of the possible and also seemed to open up new potential fields of action to be explored. A few years later, rereading these essays allows us to take stock of what of those announced changes has been consolidated.

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    La situazione generalizzata di crisi economica e finanziaria che dal 2008 ha scosso buona parte dei Paesi industrializzati ha prodotto effetti significativi sulla vita quotidiana degli italiani. In particolare, in linea con le strategie di fronteggiamento della crisi storicamente proprie di situazioni economiche fragili, negli ultimi anni sono cresciute le esperienze di disintermediazione della filiera (come, ad esempio, i GAS), di sharing (condivisione), di swapping (scambio/baratto) e di autoproduzione (DoitYourself). Tali pratiche, oggi come in passato, appaiono particolarmente diffuse nel campo dell'abbigliamento, del cibo e dell'arredamento, ovvero nei settori tipici della cultura materiale quotidiana, ma, diversamente dal passato, sono connotate da un'esplicita assunzione di responsabilità soggettiva nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. In altre parole, disintermediazione della filiera, sharing, swapping e autoproduzione sembrano non tendere semplicemente al raggiungimento e/o al mantenimento di livelli di vita e di benessere adeguati ma a promuovere nuove forme di consumi, di organizzazione del lavoro e di partecipazione civile. In tale contesto, l'unità di ricerca di Milano-Università Cattolica del Sacro Cuore ha indagato le strategie quotidiane con cui individui e gruppi perseguono livelli soddisfacenti di benessere e di qualità della vita. A tale scopo ha individuato alcune pratiche di disintermediazione della filiera, di autoproduzione, di sharing/condivisione e di swapping/scambio con gradi diversi di strutturazione interna, includendo un ampio ventaglio di pratiche, dalle più informali a quelle maggiormente strutturate, assimilabili a industrie culturali in senso stretto. Accanto a questi studi di caso, l'Unità di Milano Cattolica ha ricostruito, avvalendosi dell'expertise di un’equipe di storici, le diverse pratiche di reazione alla crisi in due momenti rilevanti della storia contemporanea italiana: il primo relativo agli anni '30 e il secondo riguardante gli anni ‘70. Il primo caso di studio, dedicato agli anni successivi alla crisi del 1929, ha preso in esame sia le esperienze collettive (le cooperative, gli spacci aziendali etc.) sia quelle individuali (le nuove forme di economia domestica, il lavoro femminile etc.). Per quanto riguarda gli anni '70, sono state analizzate, con particolare riguardo per la popolazione giovanile, la genesi di forme di lavoro cosiddetto «precario» e, parallelamente, sono state ricostruiti la diffusione di stili di consumo peculiari (come gli acquisti di merce di seconda mano o il riciclo), di mezzi di trasporto alternativi (ad esempio le biciclette e l'autostop) e di forme di transazioni economiche non monetarie (come il baratto). Infine, grazie al contributo di un’equipe di politoli, il volume riflette sulle modalità con cui la crisi economica si è intrecciata e ha interagito con l’avvento del “capitalismo delle piattaforme” e con nuove modalità di creazione del valore. In connessione con questa trasformazione ha preso consistenza una riflessione (nella teoria politica, nella sociologia del diritto, ecc.) che pone al centro la dimensione del comune, intesa come dimensione differenti e irriducibile tanto al “privato” quanto al “pubblico”.

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    La situazione generalizzata di recessione economica e finanziaria, che dal 2008 ha scosso buona parte delle nazioni industrializzate, ha prodotto effetti significativi sulla vita quotidiana degli Italiani. In particolare, nel nostro paese sono cresciute, in quanto efficaci strategie di fronteggiamento della crisi, esperienze di disintermediazione della filiera (come, per esempio, i gruppi d’acquisto solidale, i mercati agricoli, gli affitti peer-to-peer, ecc.), di sharing (sotto forma di condivisione di mezzi di trasporti, di vacanze, di turismo esperienziale, ecc.) e di autoproduzione di oggetti, alimenti, vestiti, ecc. Tali pratiche, in realtà molto diffuse anche in passato in momenti di forti regressioni come per esempio negli anni Trenta o dopo lo shock petrolifero del 1973, appaiono oggi connotate da una maggiore consapevolezza. In altre parole, la disintermediazione della filiera, la condivisione e l’autoproduzione tendono non solo a mantenere livelli di vita e di benessere adeguati ma promuovono nuove forme di consumi, di organizzazione del lavoro e di partecipazione civile. La ricerca presentata in questo volume, frutto di un’indagine qualitativa condotta da un’equipe di sociologi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha esplorato le strategie quotidiane con cui individui e gruppi perseguono livelli soddisfacenti di benessere e di qualità della vita, coniugando pratiche “antiche” con i nuovi strumenti digitali e tecnologici. Tali pratiche sembrano, inoltre, prefigurare un futuro diverso, orientato a un uso più consapevole e sostenibile delle risorse, dei capitali umani, degli spazi, creando e diffondendo nuovi valori e inedite forme di partecipazione civile.

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